In fondo se ci pensi, la Poesia di te, non ne ha urgenza.
Anzi, tu non sei nemmeno un poeta, ma solo un passante distratto che sogna in bianco e nero, un fantasma chino sui fogli,
un singulto che vuol scuoter corpi, un vinile, anzi neanche,
sei solo i suoi solchi.
Se ci pensi, la Poesia non ti ha mai cercato.
Sai se non l’ha fatto è perchè conti poco o forse anche niente, il pensiero scucito dagli altri non fa mai rumore, non scuote, non riempie.
Pensandoci capirai che tu l’ hai cercata,
da quando ne hai avuto il bisogno.
Lo hai fatto per consolarti, non per placarla,per farti sfiorar dalle righe,non per carezzarla.
Volevi i suoi occhi,
volevi abbracciarla,
tu solo le hai chiesto
“Ti prego ora parla”
L’hai fatto per te.
Non certo per lei.
Volevi chiamarla, svegliarla toccarla,ti dormiva in pancia, mangiava le labbra.
Cosi l’hai punzecchiata,
con la penna, con le dita,
hai voluto mescolarla al tuo caos,
fino a quando lei,
sbadigliando non ti è nata dalle mani.
E tu sei stato padre,e lei ti è stata figlia.
Per questo non potrai chiamarla “Mia”,
sarebbe un errore imperdonabile.
L’hai solo messa al mondo,
l’hai dipinta su di un foglio,
ed ora invecchiando la osservi,
forte e ridente come un tempo tu fosti,
pensando che in fondo,
sa vivere senza
sentir più il tuo tocco.
(Gianluca Sonnessa)