Stupefatto vi osservai mentre uscivate da dietro tele intrise d’astrazione.
Godevo delle vostre anime, che colando giù dai fogli, poggiavan su terre aride ed assetate di parole, le loro poesie.
Ho seguito con lo sguardo il vostro graffiar la creta, impegnati com’ eravate nel donare la libertà a quell’animo intrappolato in una scultura, che ancora non esisteva.
Prestavo a quel sogno i miei timpani, soffocati dai clacson e dalle sirene,
per riaverli leggeri e soffiati da note di corde pizzicate e chitarre distorte.
Velai questi occhi col più gioioso dei pianti, perché fu testimone di come donaste ad un mondo sopito,
il cuore pulsante della creatività, che ancora batte protetto da cento, mille, un milione di sterni.
Son vostre le costole fatte di penne e pennelli, di legna e pannelli ,di lettere, segni e strumenti.
Vi chiedo di unirvi.
Non più sotto bandiere o striscioni, restando lontani da fari o gelatine.
Vestite soltanto la caleidoscopica luce che guida una mano libera.
Rompete il silenzio , fatelo Ora, coscienti d’ essere i fortunati cantori dell’arte, non mai suoi padroni.
Io protetto da questo mantello che mi fa da sipario, che copre le spalle e l’età, sarò al vostro fianco.
Guardate la mia maschera e rivedrete i vostri quadri, leggete le righe che ne delineano i tratti e riscoprirete emozioni nascoste fra le pagine dei vostri racconti.
Cercate i miei occhi, protetti dalla nera quiete della curiosità e ritroverete i vostri,
assetati di note su pentagrammi.
Questa nostra guerra con le penne in pugno, l’unica che non lascia alle spalle morti,
portatela all’attenzione dell’umanità.
Con ogni mezzo.
In modo che sia lei a ricordare che dell’arte, dopo la natura, rimarrà l’unica depositaria.
(Gianluca Sonnessa)